Di fronte allo sgretolamento del Servizio Sanitario Nazionale, in Italia poco si muove. Sembra che ognuno pensi “vabbè, il problema non mi riguarda, in fondo posso sempre pagarmi un medico privato e se mettono le assicurazioni magari è pure meglio”. Ecco, temo che stiamo sottovalutando il problema. Dover pagare di tasca propria le prestazioni che al momento si erogano gratuitamente, soprattutto in ospedale, non è una cosa semplicissima: un ricovero costa tra i 500 e 1000 euro al giorno circa, a seconda della intensità di cure, alcune terapie anche antibiotiche che somministriamo costano anche 1000 o 2000 euro a fiala, per non parlare dei chemioterapici. Solo l’ambulanza per essere portati in ospedale costa 500 euro. Gli interventi chirurgici costano nell’ordine delle decine di migliaia di euro. Veramente pensiamo che qualcuno di noi si possa permettere di affrontare di tasca propria una malattia che comporti ospedalizzazione e cure senza indebitarsi e senza cambiare per sempre la propria qualità di vita?
Fino a questo momento abbiamo pagato tutti tramite le tasse e quindi queste spese non sono state caricate sulle spalle del singolo ammalato. Poi, riducendo di volta in volta i finanziamenti e tagliando sempre più servizi, la sanità pubblica è divenuta il colabrodo che conosciamo, che però comunque fa ancora fronte ad esigenze che altrimenti non sarebbero soddisfatte. Il meccanismo del pagamento con la fiscalità generale resta il migliore di tutti e resta insostituibile.
Passiamo all’ipotesi B, ossia le assicurazioni iniziano a coprire un maggior numero di persone e diventano il meccanismo tramite cui nel momento del bisogno ci si cura. Prima di pensare a questa come ad una soluzione ragionevole secondo me bisognerebbe almeno aver visto “Sicko” di M. Moore o “Qualcosa è cambiato” con Jack Nicholson, oltre a qualche puntata a scelta di “Malattie misteriose” o qualunque film o serie che tratti di accesso alle cure negli States. Diventa subito chiaro infatti che non ci sia assicurazione in grado di garantire l’universalità delle cure che noi avevamo bella e conquistata. L’assicurazione base ti paga le cure finché sei sano, ma appena ti ammali devi cambiare fascia, pagare di più e ricominciare l’iter diagnostico negli ospedali che fanno capo alla nuova categoria, che spesso non sono gli stessi di prima. E poi con i nostri stipendi in Italia ho difficoltà ad immaginare che ci si possa caricare i premi assicurativi che hanno gli statunitensi. Chi potrebbe pagare 300-600 euro al mese di assicurazione sanitaria? Grazie a quel sistema dispendioso e folle gli americani spendono più di ogni altro paese del mondo in sanità con ricadute in termini di salute misere (per esempio un tasso di mortalità infantile più alto del resto del mondo “ricco”, di certo molto più alto del nostro).
Ammettiamo quindi che le fasce popolari siano coperte da assicurazioni detraibili dalle tasse. E’ l’ipotesi più probabile, secondo le stesse compagnie assicurative. Che vuol dire questo? Che creiamo disuguaglianza e arricchiamo le assicurazioni per poi passare comunque dalla fiscalità generale. Non ha nessun senso, almeno non per noi, come cittadini e come lavoratori della sanità.
Ora il grande alibi dietro cui si nascondono politici e manager delle “aziende” sanitarie è la mancanza di medici e di infermieri. Ma su questo avremmo qualcosa da dire. Ricordo benissimo quando nel 2005 ho fatto il test di ingresso alla facoltà di Medicina. Eravamo 1.700 candidati ed entrammo in 300. Restarono fuori moltissime menti valide, molte persone che sarebbero state ottimi medici. Erano impreparate? Non saprei, su 80 domande si entrò con un punteggio di 42 ma almeno altri 200 candidati avevano un punteggio superiore a 40. Cosa possiamo mai dire su una persona che ha sbagliato due crocette in più di un’altra? Ricordo poi bene che di quei trecento non tutti siamo arrivati alla laurea, complici i tempi serrati, i costi altissimi di libri e rette, nonché alcuni esami in cui i promossi erano il 6% degli iscritti solo per un esercizio di potere di alcuni docenti. Quindi oltre alla selezione all’ingresso, la selezione durante il corso di studi.
Di chi è la colpa se ora non avete personale per riaprire alcuni ospedali che dite di voler riaprire? Non sapevate che prima o poi i settantenni (perché di questo si tratta, altro che Francia) sarebbero andati in pensione? Non sapevate che a furia di chiudere servizi, tagliare fondi, tagliare personale, chi sarebbe rimasto avrebbe lavorato il triplo, in un contesto di completa disorganizzazione, in un clima da dismissione? Senza contare la rabbia e la sfiducia da parte degli utenti, le continue mortificazioni da parte di direttori autocratici che ignorano totalmente le esigenze di malati e lavoratori? Vi meravigliate che qualcuno provi ad andar via in questo contesto? Non sappiamo tra quanto ci vedremo costretti a rifiutare le cure alle persone, a vederle morire senza poter fare niente. Ma già ora ci mancano i mezzi per fare tutto quello che vorremmo.
Non c’è dubbio che decisori politici e Manager abbiano fallito in maniera clamorosa, se il loro intento era di preservare il diritto alla salute. Se invece l’intento non era quello, allora non sono le persone giuste per prendere decisioni per noi. Credo faremmo bene a mettere a fuoco il problema prima che sia tardi.
Potere al Popolo! Napoli