Il nostro sportello per l’assistenza all’iscrizione CPIA continua l’attività. Ma a che punto siamo?
Perché abbiamo attivato lo sportello?
Lo abbiamo già detto: l’iscrizione alle scuole statali per adulti (spesso stranieri, ma non solo) è per chi vive in questa città un vero e proprio percorso ad ostacoli. Chi frequenta la nostra scuola di italiano alla Casa del Popolo Estella ben conosce le difficoltà a cui facciamo riferimento.
Lo sportello è stato prima di tutto un punto di accesso alle informazioni. La scarsa attenzione delle istituzioni al tema, le condizioni di vita e lavoro di chi vorrebbe iscriversi o semplicemente la barriera linguistica costituiscono spesso uno scoglio enorme per entrare in contatto con questa istituzione.
Cosa abbiamo ottenuto?
Dallo scorso giugno più di cento persone si sono rivolte allo sportello e sono riuscite ad ottenere l’iscrizione. E’ stato un ottimo risultato ma siamo solo all’inizio dell’opera.Dobbiamo continuare ad organizzarci per intercettare ogni lacuna e stortura, monitorare dal basso e collettivamente per consentire un reale accesso al diritto allo studio in città.
Cosa sappiamo ora?
Tanto per cominciare, i CPIA che coprono l’area della città di Torino hanno fondamentalmente disatteso le normative in materia di tempi e modalità di iscrizione ritardando l’apertura delle iscrizioni da maggio a settembre e non prevedendo la possibilità di iscrizione on-line. Questo ha causato gravi disagi a chi, rimasto fuori Torino per lavoro o per essersi recato al paese d’origine, al rientro non ha più trovato posto.
Perché, questo è il dato essenziale, i posti disponibili sono largamente insufficienti rispetto ai bisogni, soprattutto in alcune zone della città come i quartieri di Barriera di Milano e Aurora dove la concentrazione di persone straniere richiederebbe invece tutt’altra risposta.
Il risultato è che il diritto allo studio finisce per essere un privilegio per quei pochissimi fortunati che riescono ad accedere. In questa situazione ad essere escluse sono in particolare le donne sulle cui spalle ricade il lavoro di cura.
Allo stesso tempo però vediamo che – proprio chi porta avanti quelle scelte politiche scellerate che producono tali privazioni di diritti – osa blaterare su quanto sia importante “rimboccarsi le maniche per migliorare la propria condizione”. Non basta per tanti immigrati dover affrontare politiche e leggi respingenti ma con questa retorica si contribuisce a colpevolizzare il singolo dipingendolo come non abbastanza responsabile. Una vera beffa visto che è evidente quanto l’apprendimento della lingua sia un’esigenza così estremamente diffusa quanto allo stesso tempo largamente negata. A dimostrarlo basta già solo il fatto che le escluse e gli esclusi sono numerosissimi; senza considerare coloro che ancora, data proprio la difficoltà di accesso alle informazioni, non hanno mai sentito parlare dei CPIA.
In secondo luogo, chi si è rivolto a noi ha potuto usufruire di un canale per certi versi “privilegiato” perché ha avuto l’occasione di trovarsi in un contesto collettivo in grado di far pressione, presentare con forza le comuni rimostranze e segnalare con precisione le violazioni. Ma la stragrande maggioranza e in particolare chi ha meno strumenti per “farsi sentire”, ha dovuto confrontarsi individualmente con un sistema il più delle volte respingente. Informazioni spesso contraddittorie, poco chiare e richieste arbitrarie generano una generale frustrazione da parte di chi vorrebbe studiare. In tali casi il risultato è un nulla di fatto: “torna un’altra volta” o “ritenta e sarai più fortunato”.
E chi riesce ad iscriversi?
I problemi non terminano con l’iscrizione perché a fronte del sacrosanto (anche perché sancito dalla normativa) diritto di scegliere il percorso di studi, i CPIA troppo spesso si attribuiscono al contrario il potere di determinarlo a loro insindacabile giudizio, trattando di fatto, persone adulte alla stregua di adolescenti disorientati.
E chi invece resta fuori e finisce in lista d’attesa?
In tal caso non si viene informati né dei criteri di inserimento (non sempre basato sull’ordine di arrivo della richiesta di iscrizione) né della posizione nella lista d’attesa, informazione questa, indispensabile per poter decidere, ad esempio, se tentare la sorte in un CPIA più distante. Poche e sporadiche informazioni vengono fornite solo alle associazioni e ai CAS, cioè preferibilmente ad operatori e accompagnatori, che il più delle volte sono guarda caso persone bianche e di madre lingua italiana. Il limbo a cui si viene costretti è perfettamente in linea con la generale tendenza a rendere i meccanismi di funzionamento del CPIA oggettivamente poco trasparenti.
Molto indicativo infatti è ciò che sta avvenendo con l’elezione dei consigli di istituto…
Fino allo scorso anno 11 CPIA su 12 in Piemonte erano sprovvisti dei Consigli d’Istituto, uno strumento fondamentale di controllo e democrazia interna dove studenti e studentesse possono far sentire la propria voce. Quest’anno invece sembra che si siano fatti dei passi in avanti e i Consigli di Istituto saranno presenti ma nella gran parte dei casi studenti e studentesse non sono assolutamente stati informati a dovere sul funzionamento dell’organo e sulle modalità per potersi candidare. Di nuovo riteniamo sia una gestione poco trasparente in barba ai diritti di tutte e tutti.
E ora?
La scuola di italiano e lo sportello per l’iscrizione ai CPIA sono dei potenti strumenti di inchiesta e intervento e continueranno ad esserlo, solo chi vive direttamente ingiustizie e discriminazioni può monitorare, segnalare, organizzarsi e trasformare le cose. Fino a che non sarà assicurato a tutte e tutti il diritto allo studio non ci fermeremo!