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In Lombardia è storia di un disastro annunciato

Cominciamo con ordine.

Nel 2002 il Ministero, recependo le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva predisposto un “Piano Italiano Multifase per una Pandemia influenzale”, predisponendo le linee guida alle quali avrebbero dovuto adeguarsi le Regioni in caso di pandemia.

Poi era arrivata l’aviaria e nel 2005 l’OMS aveva aggiornato le sue direttive elaborando un nuovo Piano Pandemico.
L’Italia lo aveva recepito e nel 2005 aveva adottato il “Piano nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale”.
Nel piano adottato sin dal 2005 si stabiliva che al Ministero competeva fornire a tutti gli operatori la esatta definizione del caso pandemico, quali dovessero essere i protocolli per la diagnosi, il trattamento e il controllo, in linea con le indicazioni dell’OMS, mentre alle Regioni competeva di definire il piano di attivazione di posti-letto aggiuntivi nonché di definire le modalità di trattamento degli infettati a domicilio.

Poi a dicembre è arrivato il virus Sars-CoV-2 da cui è derivata una polmonite virale detta Covid-19, e il Piano Pandemico è stato attuato con grave ritardo solamente in riferimento alle indicazioni che consentivano alla Presidenza del Consiglio di dichiarare lo stato di emergenza.
Per le Regioni, ma non tutte, si poteva oscillare tra l’adempimento delle linee guida dell’OMS e il crimine, e ovviamente si è scelta la seconda opzione.
Partiamo dalla Lombardia.

Lo stato d’emergenza è stato dichiarato il 31 gennaio 2020 e da quel momento si sarebbero dovute assumere decisioni che avrebbero fatto la differenza sulla diffusione del contagio e ovviamente sul fatturato.
I comuni della provincia di Lodi individuati come focolaio, uno su tutti, quello ormai famoso di Codogno, sono stati dichiarati immediatamente Zone Rosse mentre i comuni della provincia di Bergamo, zona che ricordiamo è ad alta densità industriale, nonostante registrassero un numero elevato di contagi, sono state isolati con grave ritardo in un balletto vergognoso tra zone rosse e zone arancioni, consentendo che i contagi viaggiassero ad un ritmo fuori controllo.

Per consentire il contenimento del contagio le mascherine sono state immediatamente individuate come presidi sanitari indispensabili.
La Regione ha annunciato con toni trionfalistici di averne ordinati 4 milioni, ma l’ordine è stato inoltrato a ditte che ne avevano dismesso la produzione e così si sono persi 15 giorni, favorendo, di fatto, due settimane di contagi.
La Regione Lombardia si è avvitata attorno alla sanità intesa come ospedalizzazione redditizia, sicché in Lombardia un posto-letto non è interpretato in ragione della funzione che deve assolvere nel processo terapeutico, quanto piuttosto viene soppesato in base a quanto se ne potrà ricavare per tutto il tempo in cui viene occupato, come un elemento produttivo qualsiasi.

La Lombardia, avendo avuto da subito contezza di essere la Regione maggiormente colpita, avrebbe dovuto privilegiare la verifica territoriale dei contagiati, individuandoli nei loro domicili e tenendoli isolati già dai primi sintomi, e invece hanno puntato sulla ospedalizzazione di chi arrivava ad avere sintomatologie rilevanti dopo aver continuato a contagiare per settimane, innumerevoli altri soggetti.
Il senso degli affari ha guidato la scelta di creare presso la Fiera di Milano un ospedale da 250 posti di terapia intensiva, e si sono vantati che lo avrebbero realizzato in un mese, naturalmente con l’aiuto economico di privati, assolutamente “disinteressati”, come Berlusconi e aziende come Moncler.

Con immutati toni trionfalistici, dopo circa un mese, alla presenza del solito rappresentante cattolico in camicia nera lunga, hanno inaugurato 24 posti-letto.

Un altro capolavoro lo hanno commesso con il Pio Albergo Trivulzio, una struttura che ospita 1.300 anziani.

Ad un certo punto in Regione, che da oltre venti anni campa sulle genialità leghiste, sapendo che il Covid-19 colpisce con esito mortale soprattutto gli anziani, hanno pensato bene di ordinare alle RSA, le residenze sanitarie assistenziali e a strutture sanitarie, sempre private, ospitanti disabili con pluripatologie, quindi con difese immunitarie decisamente labili in origine, di ospitare i malati Covid-19, e tra le RSA, oltre alla Fondazione Don Gnocchi nella quale 18 operatori hanno già inoltrato denuncia per essersi contagiati in assenza di protezioni, c’è anche il Trivulzio..
A marzo, al Pio Albergo Trivulzio, si è avuto un numero di decessi sospetto al punto che persino il Ministro ha ritenuto di dover mandare gli ispettori per accertare le responsabilità per le morti sospette, ma anche per i contagi registrati tra il personale.
Ora anche la Procura di Milano ha aperto una inchiesta ma non dobbiamo attenderne l’esito per sapere chi è responsabile.

Con vicende legate al Pio Albergo Trivulzio, nel 1992 iniziò, con effetto domino, la fine del partito Socialista Italiano.
Le scellerate decisioni sul Pio Albergo Trivulzio nel 2020 hanno segnato l’inizio della fine della Lega.

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