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UN PICCOLO PASSO, UN’ALTRA CONFERMA. ORA COSTRUIAMO L’OPPOSIZIONE AL GOVERNO MELONI!

Non c’era modo migliore di accogliere settembre: quella di quest’anno è stata tra le edizioni più partecipate del campeggio di Potere al Popolo! A Paestum sono arrivate da tutta Italia circa 500 persone, giovani e giovanissimi: mai così tanti. Ma anche la qualità della partecipazione è stata significativa, con momenti di formazione e dibattito, tre tavoli di lavoro su “Autonomia Differenziata”, “Comunicazione”, “Antirazzismo”, la presentazione del libro “Liberal-fascismo” di Giorgio Cremaschi, le assemblee su “Palestina e rottura della passività italiana” e “Opposizione al Governo Meloni: casa, lavoro, ambiente”. Non sono mancate le visite di organizzazioni amiche, sia nazionali che internazionali: anche con loro ci si è confrontati sulla situazione attuale, in Italia e nel mondo. Ognuno ha portato la propria esperienza locale, si è cercato di sintetizzare le migliori idee e le migliori pratiche per rilanciare, dopo l’estate, l’iniziativa politica di Potere al Popolo.

Insomma, abbiamo avuto un’altra conferma, dopo lo straordinario corteo del Primo Giugno contro il Governo Meloni, che la comunità di Potere al Popolo è viva e ha saputo intercettare quel desiderio di cambiamento radicale che si è dato nelle mobilitazioni di quest’anno per la Palestina. Che questa comunità, partita in modo avventuroso da un video-appello sui social nel novembre 2017, sta omogeneizzandosi e strutturandosi, costruendo una sua cultura e dei suoi militanti, guadagnando riconoscimento sui territori grazie alle assemblee territoriali che ormai hanno sei anni di esperienza, animando Case del Popolo, movimenti locali e riuscendo persino a eleggere nelle istituzioni di prossimità una nuova generazione di compagne e compagni determinati. Una conferma di come questa comunità riesca, nonostante le difficoltà del nostro paese, a irrompere con le sue bandiere nelle piazze e con i suoi portavoce sui media, ponendo temi e lotte di cui altrimenti nessuno parlerebbe.

Ma ovviamente ancora tantissimo resta da fare. E in particolare sono tre gli assi su cui, raccogliendo le proposte e gli spunti usciti dalla nostra comunità nei giorni di Paestum, abbiamo deciso, in sede di Coordinamento Nazionale, di investire:

  1. nella mobilitazione sociale contro la guerra globale e in particolare contro il genocidio in Palestina;
  2. nell’opposizione alle misure del Governo Meloni, a partire dall’autonomia differenziata;
  3. nel rafforzamento di Potere al Popolo sul piano organizzativo e programmatico.

Vediamo i singoli punti nel dettaglio.

  1. FERMARE IL GENOCIDIO, FERMARE LA GUERRA GLOBALE!

Anche se non è più la prima pagina dei giornali, in Palestina il genocidio sta continuando. Anzi, nelle ultime settimane “il metodo Gaza” è arrivato in Cisgiordania, dove il combinato tra azioni dell’esercito israeliano, attacchi dei coloni, strangolamento dell’economia, arresti e omicidi di massa, sta portando molto più avanti l’azione di annientamento del popolo palestinese. Oltre 41 mila morti, migliaia di dispersi, 100 mila feriti di cui molti disabili a vita: mai una simile violenza si è concentrata su un territorio così piccolo. Il conflitto si sta allargando sempre di più a livello regionale, coinvolgendo direttamente Siria, Iran e Libano dove gli attentati terroristici del Mossad fanno strage di bambini e civili. Il tutto con la complicità di USA e UE che, nonostante l’orrore di questi mesi, continuano ad appoggiare l’azione di Israele, a rifornirla di armi, a tenere su la sua economia. Un tale orrore non può che produrre ondate di indignazione popolare, rispetto alle quali la “democrazia” USA e UE risponde sempre di più con la repressione, negli USA impedendo preventivamente l’occupazione delle università, in Europa producendo leggi che mirano a mettere fuori legge kefiah e slogan…

Tutto questo peraltro avviene nel quadro di una tendenza alla guerra che si manifesta a livello mondiale nel conflitto ucraino, nelle tensioni in aumento nel Pacifico contro la Cina, nell’aumento delle spese militari a livello globale e nella riconversione delle nostre economie verso la produzione bellica. La crisi del capitalismo, la sua virata verso il protezionismo e la costruzione di blocchi in guerra tra di loro, sta precipitando i popoli del mondo in un rischio esistenziale. Rispetto a tutto questo, non possiamo far finta di non vedere. La lotta contro l’imperialismo e per l’internazionalismo, la lotta per un modello di relazione tra i popoli che sia di cooperazione e non di competizione, non è una questione ideologica, ma un elemento materiale, che riguarda direttamente le nostre vite.

Per questo Potere al Popolo non solo aderisce al corteo delle comunità palestinesi lanciato per il 5 ottobre a Roma ma dà mandato a tutte le sue assemblee territoriali di continuare la campagna a favore del popolo palestinese in tutte le scuole, università, posti di lavoro, negli spazi sindacali, politici e associativi. Dobbiamo sviluppare quegli elementi di indignazione morale, che provengono soprattutto dai giovani che non vogliono più vivere così, in punti di un programma politico che veda al primo posto il no alla guerra, alle armi, ai sacrifici fatti fare ai popoli per produrre distruzione, il sì alla risoluzione diplomatica dei conflitti, che rispetti i principi di autodeterminazione dei popoli.

  1. IMPEDIRE LA DISTRUZIONE DEL PAESE AD OPERA DEL GOVERNO MELONI!

Dentro questo quadro di crisi e di tentativi di riconfigurazione dell’accumulazione capitalista a livello internazionale, c’è la vicenda italiana. Un paese sempre più in difficoltà dal punto di vista dei settori produttivi, dell’innovazione, della demografia, dei salari, della sua capacità di integrare non solo i soggetti migranti ma anche i suoi stessi giovani. Le classi dirigenti del nostro paese non hanno alcun progetto che non sia il puro tirare a campare. Reagiscono alla marginalizzazione dell’Italia a livello mondiale agganciandosi sempre più al carro dell’Unione Europea e della Nato, sperando di partecipare – con il minimo sforzo, preservando tutti gli equilibri interni – al banchetto del blocco occidentale.

Così ci troviamo davanti un Governo Meloni che è il più filo-atlantico di sempre a dispetto delle roboanti dichiarazioni “sovraniste” pre-elettorali, un Governo che manda armi e aumenta la spesa militare ma non lo può fare senza scontentare tutti, un Governo che si adegua alle direttive europee anche se mediando per non scontentare i suoi “balneari”, i suoi tassisti e le sue corporazioni, a danno ovviamente dei cittadini, un Governo che deve stare dentro i nuovi parametri di austerità ma non vuole e non può prendere i soldi dove ci sono, ovvero tra i tanti grandi evasori fiscali e tra le ricchezze finanziarie, speculative, immobiliari del nostro paese.

Un Governo come questo – fragile, senza grande consenso popolare, che deve rispondere a più padroni, dagli USA e al grande capitale internazionale, ma anche alla sua base sociale di una piccola-borghesia gretta e feroce – senza poter contare su un personale politico di spessore, cerca di restare a galla attraverso battaglie ideologiche sui costumi e sulla difesa della tradizione, attraverso il controllo dei media, attraverso la repressione, rendendo sempre più autoritaria la società e le istituzioni. Proponendo così false soluzioni, come il ddl 1660 (spacciato da potere politico e mediatico come “ddl sicurezza”), un vero e proprio “ddl repressione” che costruisce il nemico interno contro cui scagliare la frustrazione popolare, creando più di 20 nuovi reati e aggravanti a danno di chi rivendica e si batte per il diritto alla casa, a un lavoro dignitoso, a un pianeta che non collassi su sé stesso. Contro il ddl 1660 saremo in piazza insieme ad associazioni, sindacati, collettivi, organizzazioni sociali e politiche, il 19 ottobre 2024, e in assemblea il giorno successivo, domenica 20 ottobre, per ribadire che dissenso e conflitto non sono “reati”, ma sale della democrazia. E che la loro criminalizzazione non solo restringe gli spazi di libertà, palesando una forte spinta autoritaria, ma colpisce le fasce popolari, private di quegli strumenti che nel corso della storia hanno permesso al nostro popolo di ottenere conquiste di cui ancora oggi godiamo.

Tra le false soluzioni ai problemi reali di cittadine e cittadini compaiono le “riforme istituzionali”, a partire da autonomia differenziata e premierato.

Da questo punto di vista, l’autonomia differenziata è il primo mostro che ci troviamo davanti: non solo allarga i divari presenti nel paese sia tra Nord e Sud sia, all’interno delle regioni, tra zone centrali e zone periferiche, tra ricchi e poveri, ma dà maggiore potere proprio a quei ceti locali che sono – basta guardare le inchieste della magistratura – i più corrotti. Questo mostro però – non lo dimentichiamo! – è stato reso possibile dalla riforma del Titolo Quinto della Costituzione fatta dal centrosinistra venti anni fa, è stato appoggiato da diversi presidenti di regione del PD, è stato portato avanti dal Governo Gentiloni e da tutto un personale politico che ora fa finta di indignarsi ma già sta tramando per capire come riorganizzarsi nel caso l’autonomia differenziata passi. Vedere Italia Viva di Renzi o i liberisti di più Europa nel comitato promotore del Referendum ci dice che “il nemico marcia alla nostra testa”.

Per questo dobbiamo costruire una campagna referendaria che sia vera, senza sconti, senza compromessi, che abbia la capacità di mobilitare quei settori popolari che non credono più alla politica. Vogliamo costruire una campagna che non sia puramente testimoniale, né che miri a conservare un presente che tutti sappiamo fare schifo, perché la Sanità è già stata distrutta dalla regionalizzazione, perché le Regioni sono già diventate delle mangiatoie di imprenditori e reti clientelari. Una campagna che miri a politicizzare e rilanciare una nuova idea di paese, dove la Sanità ritorni pubblica e capace di offrire un sistema di qualità per tutti, dove le Regioni attuali vengano messe in discussione, dove i livelli di decisionalità territoriale, che per noi sono necessari al pari della centralizzazione su alcune strutture decisive del paese, vengano riportati sotto controllo popolare.

Inizieremo questo percorso con le forze che sono scese in campo nel corteo del Primo Giugno, con reti sindacali e sociali che hanno dimostrato di non voler essere gli “utili idioti” che si mobilitano per permettere al centrosinistra di riaccreditarsi per continuare a fare le stesse politiche del passato.

  1. ORGANIZZARE POTERE AL POPOLO, SCRIVERE INSIEME UN NUOVO PROGRAMMA!

Mentre continueremo l’attività delle Case del Popolo, il sostegno ai movimenti sociali, la campagna per la Palestina e contro l’Autonomia Differenziata, dovremo ricavarci del tempo per fare un passo in avanti. Su questo dobbiamo essere duri con noi stessi: la nostra generosità militante, il nostro gettarci per sostenere mille battaglie, spesso ci toglie tempo alla strutturazione della nostra organizzazione. Dobbiamo invece ricavarci più tempo per discutere e crescere politicamente, per formarci, per consolidare la nostra organizzazione interna.

Da questo punto di vista, la prima cosa che dobbiamo fare è rimettere mano al nostro programma politico. Sappiamo che in Italia i programmi vengono giudicati poco importanti, che si parla più dei leader, degli accordi sottobanco, delle apparenze. Ma appunto, noi vogliamo fare tutto al contrario. Vogliamo scrivere un programma ambizioso, che raccolga il meglio di quanto espresso dalle forze popolari e prodotto da intellettuali radicali, vogliamo avviare un percorso di ascolto delle nostre assemblee e rendere più forte la nostra identità e il nostro orientamento pratico.

Crediamo che un programma politico innovativo, conosciuto dai nostri migliaia di militanti, argomentato, che non si limiti alla ripetizione di vecchie ideologie ma sappia declinare il socialismo nelle forme attuali di un paese a capitalismo avanzato, possa incuriosire, aggregare, farci notare, uscire dalla nicchia che ci disegnano attorno. Ovviamente, per arrivare a questo obiettivo, ci vuole tempo e lavoro di tutti i militanti. Ci vuole ascolto e confronto con figure anche esterne alla nostra organizzazione.

Per questo intendiamo avviare da subito un percorso che ci porti a tenere, a inizio dicembre, un’assemblea nazionale a Roma, in modalità diverse dal solito, della durata di due giorni e con un sistema di delegati dalle assemblee territoriali che possano effettivamente contribuire su diversi tavoli di dibattito. Su questo seguiranno a breve maggiori comunicazioni.

Sulla base di quanto individuato in questa assemblea, lanceremo la nostra campagna di tesseramento dell’anno prossimo e una grande iniziativa politica a febbraio, in cui presenteremo il nostro programma, la nostra linea e apriremo un campo con tutti quelli che intendono fare vera opposizione al Governo Meloni. Nell’ultimo anno e mezzo abbiamo giocato una partita importante dentro Unione Popolare (UP) con l’obiettivo di mantenere una prospettiva politica indipendente e radicata nel tessuto sociale del paese; una battaglia che si è scontrata con le tendenze, anche all’interno di UP, di riproporre quelle ambigue alleanze “a sinistra” cui pure la lista elettorale di Michele Santoro strizzava l’occhio. Aver tenuto in quel frangente il punto fermo come Potere al Popolo, ci mette oggi in condizione di lavorare per rappresentare quello spazio politico manifestatosi con il fallimento elettorale di “Pace, Terra e Dignità” e concretizzatosi con la nostra manifestazione del 1 Giugno.

In ultimo, il nostro Coordinamento ha affrontato anche il punto delle elezioni regionali. Su questo invieremo un altro comunicato, perché i dettagli della nostra partecipazione in Liguria, in Umbria, in Emilia-Romagna sono in via di definizione essendo impegnati in queste settimane nella necessaria raccolta firme per la presenza nelle urne di un campo popolare autonomo e indipendente. Quello che è certo, infatti, è che, a differenza di altre forze della sinistra, che hanno una linea ondivaga, noi abbiamo le idee molto chiare. Pensiamo che sia urgente costruire in questo paese un’alternativa alla destra e al centrosinistra, perché entrambi i blocchi sono d’accordo sull’essenziale quando si parla di economia, di politica internazionale, di gestione delle nostre città, di esclusione sociale, di sfruttamento lavorativo. Questo è sempre stato il compito di chi si voleva davvero “rivoluzionario”, perché il sistema politico italiano ha comprovato, nel corso di decenni, di riuscire ad assorbire e digerire tutto senza restituire nulla.

Sappiamo che essere autonomi e alternativi non è un compito facile, soprattutto in un momento in cui i soggetti sociali che sarebbero interessati a rompere questo mondo sono depressi, si astengono, non credono più in nulla. Sappiamo di pagare l’eredità di una sinistra che si diceva “comunista” o “radicale” e poi – con la scusa di Berlusconi o del pericolo fascista – si è ripetutamente alleata, in posizione subordinata, con i liberisti e i vecchi gestori del potere a livello nazionale e locale, tradendo, compromettendosi, senza peraltro mai ottenere nemmeno lo straccio di una misura sociale. Così come sappiamo di pagare l’eredità del 5 Stelle che, partito con dichiarazioni dirompenti, si è subito, per la sua mancanza di visione politica e radicamento territoriale, lasciato cooptare da chiunque, tradendo le aspettative popolari, integrandosi in pochissimi anni dentro il sistema, finendo a scindersi per questioni di leadership personali come la vecchia sinistra.

Ma sappiamo anche che queste macerie ingombrano il nostro cammino per fortuna non sono le nostre. Sappiamo che si può liberare la strada e costruire case nuove, anche se ci vorrà un po’ di pazienza e determinazione. Lo hanno fatto in diversi paesi del mondo, lo si è fatto in Italia in passato, non vediamo perché non possa accadere di nuovo. Certo, un simile compito richiede organizzarsi, mettere su una nuova generazione, essere innovativi e pronti ad accogliere quei bagliori che il nostro paese produce.

È così che immaginiamo il nostro compito storico, ed è per nulla di meno che intendiamo lottare.

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